IL NOSTRO DISSENSO ALLA PROPOSTA DI DECRETO INGIUNTIVO FAI DA TE
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Verbale del 12 aprile 2019 della convocazione presso il MISE per l’esame critico
del decreto ingiuntivo fai da te e la modifica del D.L. 755 del senato
Sono presenti: l’Ing. Sergio Bramini Il Prof. Francesco Petrino per lo SNARP, l’Avv. Biagio Rizzo, l’Avv. Giuseppe Baldassarre, il sig. Alfredo Belluco per Federcontribuenti, la sig.ra Wally Bonvicini + altri.
Va premesso che le odierne osservazioni hanno la sola finalità di tutelare sul medesimo piano, creditori e debitori e che pertanto, le note che seguono non hanno colore politico ma solo l’obiettivo di riequilibrare gli interessi in gioco tra creditori e debitori sul medesimo piano di parità.
Le odierne osservazioni critiche riguardano l’aberrante disegno di legge m. 755, il cui testo contravviene agli artt. 3 – 24 – 111 della Carta Costituzionale, oltre che all’art. 6 della CEDU – 24/10/2004, per le serie motivazioni che seguono:
1) Come è stato affermato in Commissione dall’associazione dei magistrati, il D.I. promosso da un legale comprime il diritto di difesa del debitore, il quale non ha nessuna possibilità di contraddittorio quando deve far valere i propri diritti, infatti il giudice può respingere l’opposizione alla prima udienza, senza svolgere alcuna istruttoria.
2) Del decreto ingiuntivo “fai da te” possono avvalersi, non solo gli imprenditori, ma anche ì le banche e le società di recupero crediti. Contrariamente a quanto sostengono i suoi redattori, il suddetto decreto può essere utilizzato dagli imprenditori per richiedere il pagamento delle fatture, ma altresì dalle banche sulla base degli estratti conto, mentre i documenti sui quali si fonda il credito non sono rappresentati unicamente dalle fatture, ma anche dagli estratti conto bancari.
3) Il disegno di legge lede l’art. 3 della Carta Costituzionale perché, attualmente, solo il giudice terzo ha il potere di controllare se il creditore ha le carte in regola per ottenere un D.I., controllo che verrebbe di fatto a mancare.
4) Come scritto dal Prof. De Santis, ascoltato dalla commissione giustizia e dai redattori, non esiste in nessun ordinamento europeo, né in fonti di diritto, la possibilità che un soggetto diverso dal giudice possa rendere un provvedimento giurisdizionale.
5) Nel disegno di legge non viene precisato il luogo ove il debitore possa proporre opposizione, omissione che finirebbe per generare annose confusioni.
6) Il disegno di legge è slegato rispetto ad altre norme del nostro ordinamento giuridico, poiché prima di rivolgersi ad un giudice, vige l’obbligo di tentare una mediazione tra le parti contrapposte.
7) Il disegno di legge può generare incertezza anche nella parte in cui si condanna il legale che ha proposto opposizione non fondata: si tratta di una forma di dissuasione finalizzata ad indurre il debitore a non proporre opposizione e i legali a rifiutare di tutelare i debitori.
8) Il disegno di legge lede l’art. 24 della Carta Costituzionale, in quanto conferisce al presunto creditore, un diritto che difficilmente può essere contestato dal debitore, in quanto è estremamente facile ottenere la provvisoria esecuzione del Decreto Ingiuntivo. Va ricordato che il D.I. è titolo per iscrivere ipoteca giudiziale su tutto il patrimonio del debitore, al quale sarà impedito di accedere a qualsiasi finanziamento, qualora sia emesso da una banca.
9) Codesto disegno di legge è in netto contrasto con l’art. 5 del programma di governo che recita testualmente: “in materia di recupero forzato dei crediti da parte di banche e società finanziarie, intendiamo sopprimere, qualunque norma che consenta di poter agire nei confronti dei debitori, senza la preventiva autorizzazione dell’autorità giudiziaria.”
10) Il disegno di legge è contrario alle normative sulla privacy in quanto consente al creditore, ancora prima di ottenere il D.I. dal suo legale, di rivolgersi al Presidente del Tribunale per ottenere l’autorizzazione per ricercare i beni da pignorare.
Motivazioni obbiettive per insistere sulla opportunità di attenta rilettura degli art. 3, art. 111 e art. 24 della Carta Costituzionale, tenendo in considerazione i pareri manifestati alla Commissione dall’Associazione Magistrati, dal Prof. De Santis e dal Presidente dell’ Associazione Ufficiali Giudiziari d’Europa, oltre che dell’analisi acclusa del centro Studi Giuridici dello SNARP – Sindacato nazionale Antiusura fondato nel 1994.
Roma, 12 Aprile 2019, ore 14.20
OSSERVAZIONI CRITICHE AL D.L. 755
ALL’ATTENZIONE DEI MINISTRI DI MAIO E BONAFEDE
Nello stigmatizzare il disegno di legge senato n. 755 volto a permettere al creditore di munirsi, motu proprio, di un provvedimento monitorio si reputa non potersi prescindere dalla valutazione delle considerazioni critiche che seguono:
Art.1 del disegno di legge.
In primis si vede violato l’art. 111 della Carta Costituzionale sotto il profilo del mancato canone del contradditorio. Questo principio, prima di essere espresso nel comma II dell’articolo in questione peraltro, è riconosciuto come uno dei principi basilari del processo (tradizionalmente enunciato nel brocardo audiatur et altera pars) il cui corollario è il diritto di difesa, già dall’art. 24 Cost.
Ebbene il “processo sommario” promosso e consumato direttamente dall’avvocato “munito di mandato professionale su richiesta dell’assitito che sia creditore….”, vìola quel nucleo sostanziale e irriducibile del diritto in parola che si ritiene sia, invece, così basilare da doversi richiedere in ogni specie di giudizio, quale che sia la struttura dei relativi procedimenti (monitorio, speciale, piuttosto che di merito).
Ma vi è di più: con riferimento al procedimento monitorio, esso non può dirsi incostituzionale solamente perchè alla prima fase proposta “inaudita altera parte”, ci si è posto il problema di “controbilanciare il deficit del contradditorio con i poteri officiosi del Giudice” (Corte Cost. 410/2005).
Non vi è chi non veda come sottrarre anche questi poteri, officiosi, alla valutazione della sussistenza o meno del credito, proprio perchè svolta autonomamente da una parte, è lesiva del comma II 111 Cost..
Inoltre, appare anche lesiva della parità delle parti, di cui sempre al Comma II dell’art. 111 Cost. nella misura in cui sotto il profilo della mancanza della posizione di eguaglianza, parte creditrice e parte debitoria si trovino invece in posizione di disparità (disparità che peraltro contravviene anche alll’art. 6 CEDU nell’ambito del quale la Corte di Strasburgo ha ormai ribadito in maniera granitica “les principe de l’egalitè des armes” – cfr. per tutte C. Edu 28 settembre 2001).
E ancora, non si può sottacere circa il venir meno della terzietà e imparzialità del giudice, di cui sempre al comma II dell’art. 111 Cost., laddove a questa figura si sostituisce direttamente la parte intimante: così facendo si vìola il principio di imparzialità-terzietà così come inteso, connaturale alla funzione giurisdizionale (per tutte C. Cost. 93/1965); principio riconosciuto e posto come centrale per il giusto processo non solo dalla Corte ma anche dall’art. 6 CEDU (cfr. per tutte C.Edu 29 ottobre 2004).
Ma la violazione si palesa anche nell’art. 24 della Costituzione nella misura in cui come detto anche per l’art. 111 Cost, vige il “principio del diritto di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti davanti ad un giudice terzo ed imparziale nell’ambito del giusto processo” (Corte Cost. 305/2002).
Art. 2 del disegno di legge
Parimenti la possibilità da parte creditoria di poter accedere alla ricerca con le modalità telematiche dei beni da pignorare è da ricondursi alla violazione dell’art. 111 e 24 del giusto processo sotto il profilo sopra delineato.
È il caso di evidenziare inoltre come la parole “autorizza” usata nel testo, in luogo di “può autorizzare”, rivela in maniera smaccata la volontà del Legislatore di voler dare senza mezzi temini qualsiatsi tipo di prerogativa al creditore senza voler passare per le “pastoie” giurisdizionali del contradditorio.
Art. 3 del disegno di legge
Ancora più illegittima è la previsione dell’art. 3 (prevista anche nell’art. 1 laddove modifica l’art. 656 quater) in cui prevede, in caso di soccombenza dell’opponente, la motivazione per la quale non ci debba essere condanna per lite temeraria, rivelando come il genus della valutazione delle opposizioni deve essere in primis riferibile solo all’art. 96 cpc.
Infine, tutto il disegno di legge è irragionevole perchè contravviene all’art. 3 della Costituzione.
Infatti se è vero che l’irragionevolezza consiste nel difetto di coerenza tra la norma sindacata e il sistema di riferimento (laddove in un corpus normativo sostanzialmente contemperato tra le esigenze delle due parti in questione – debitore e creditore – il disegno di legge in questione è del tutto a favore del creditore), un altro schema di giudizio in cui il principio di ragionevolezza si articola consiste in una valutazione di congruità tra mezzi e fini (quando cioè emerge che la norma non è in sintonia con la finalità che la ispira, e con la sua ratio: dovrebbe infatti regolare l’escussione dei crediti in un contesto di equo contemperamento e bilanciamento dei valori delle due parti).
Roma, 11 aprile 2019
Centro Studi Giuridici SNARP
Il Presidente
Prof. Francesco Petrino